giovedì 17 maggio 2012

ENRICO PIERANUNZI



Se c’è un pianista italiano che riesce a toccare il pianoforte e a farlo parlare, farlo vivere, quello è Enrico Pieranunzi. Il suo successo nasce dalla profonda stima e idolatria per Bill Evans e dalla capacità di esternare i suoi sentimenti, di dare voce alle sue più intime percezioni, alle sue più forti emozioni. Nasce cinquantacinque anni fa e a cinque anni  siede già sullo sgabello del pianoforte scoprendone, immediatamente, l’importanza che avrebbe avuto nella sua vita. Suona con jazzisti del calibro di Lee Konitz, Charlie Haden, Paul Motian, Chet Baker e tanti altri. Meravigliosa la registrazione del cd “Silence”. In questo cd si enuncia chiaramente la sofferenza di un Chet Baker, prossimo alla morte, che interpreta una “My funny Valentine” diversa dalle solite versioni. C’è un Pieranunzi delicato, presente ma non invadente, malinconico ma non triste, dolce ma non smielato, tecnicamente maturo ma non arrogante. Insomma, una massima capacità di dimostrare il suo linguaggio pianistico rispettando gli spazi e i tempi degli altri musicisti, capendo cosa gli altri vogliono dire, amalgamandosi con loro e dando vita ad un risultato eccellente dopo l’altro. Non è solo un pianista. È un poeta del jazz. Un annunciatore delle emozioni. Ogni musica che suona è una storia che racconta. Uno straordinario lavoro è “The night gone by”. Una fusione di tutti gli ingredienti necessari alla formazione di un jazzista puro, una fusione che gli trova collocazione fra i primi tre pianisti europei, collocazione indetta dall”Academie du Jazz. Inoltre, riceve il Django d’Or  nel 1997, il prestigioso premio francese. “Il jazz va sempre in direzione della bellezza perché il jazz è legato alla fantasia, alla creatività”.
Pieranunzi non significa solo jazz. Ci sono delle magnifiche esecuzioni caratterizzate da un diverso spirito musicale, un po’ più classicheggianti, un po’ più liriche, contaminate certamente da ornamenti jazzistici, ma che partono da una radice più melodiosa. Un cd significativo è “Trasnoche”, che vede il pianista unirsi al contrabbassista Marc Johnson, nella costruzione di un lavoro introspettivo che si innerva nella musica dell’800 e del ‘900, in quel romanticismo che vede le donne vestite con abiti lunghi, larghi, color oro e che camminano lente, eleganti, quasi volessero accarezzare l’aria. Un cd che induce al silenzio e, chiudendo gli occhi, ci si trasporta nei giardini di Versailles, dove se ti guardi intorno, vedi solo prati e fontane. Ogni zampillo di acqua e una nota di pianoforte, ogni alito di vento tra le foglie e una frase, un arpeggio, un accordo a due mani, le stesse mani che, qualsiasi tasto suonano, non disturbano mai. Ogni nota risulta sempre quella giusta, quella ideale, sia nella scelta del grado che nell’entità del suono.
Pieranunzi è l’autore, anche, del libro “Bill Evans, ritratto d’artista con pianoforte”. In effetti nessuno lo conosce meglio di lui, il suo talento nei minimi dettagli, la sua vita nelle più piccole espressioni di solitudine. Un aiuto validissimo, scritto in maniera molto fluida e passionale, per capire meglio un grande del jazz. Dall’attenzione che dedica nella ricerca dei termini da utilizzare, si evince la sua idolatria per questo pianista assolutamente magistrale. Evans ha avuto molta influenza nella crescita professionale del pianista romano, ma quest’ultimo ha saputo ammirarlo e portarlo nel cuore sbocciando, successivamente, in una sua linea stilistica del tutto personale. Nel cd “Evans remembered”, l’omaggio al pianista, si possono ascoltare degli standards di Bill Evans, ma anche delle creazioni di Pieranunzi che si vuole immaginare li abbia scritti pensando al gigante del jazz pianistico per eccellenza.
Ha raramente, o direi mai, prestato la sua bravura, la sua arte a cantanti di musica leggera italiana, collaborando con loro o girando il mondo con gli spettacoli negli stadi, come spesso altri musicisti, anche se di livello inferiore, decidono di fare. Scelta coraggiosa? Piuttosto coerenza e rispetto. Coerenza con sé stessi, rispetto nei confronti di una musica, senza dubbio, più matura, concettualmente e tecnicamente. Una scelta che nasconde qualcuno dietro al pianista, qualcuno di uno spessore evidentemente diverso, qualcuno con una cultura non indifferente che, col tempo, ha permesso al pianista, di maturare una idea ben precisa su ciò che avrebbe voluto essere nella vita. “Se vuoi raccontare una storia lo puoi fare solo con il jazz, perché, a differenza di tutta l’altra musica, il jazz non è ripetitivo”, come è impossibile che un momento della vita sia assolutamente identico ad un altro.
Una vita dedicata alla musica la sua, una vita spesa bene.

viviinjazz

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