giovedì 17 maggio 2012

DAVE BRUBECK


Dave Brubeck è la leggenda jazzistica del Novecento, grande compositore e pianista, più di cinquant’anni di jazz nelle sue mani lunghe e sottili, più di ottant’anni in un corpo altrettanto alto ed esile che ha visto mille trasformazioni musicali e diverse possibilità di espressione restando sempre fedele a sé stesso. Musicista che arriva da studi classici, nelle sue improvvisazioni cita spesso e volentieri Debussy, Bach, Chopin al punto che in alcuni conservatori americani si studiano le tre B: Bach, Beethoven e Brubeck. Per lo stesso motivo, Brubeck dimostra che il jazz è un completamento della musica classica e non, invece, una musica di livello più basso, come sostengono in molti.
Le sue performances creano puntualmente un’atmosfera sottile e nostalgica trascinando l’ascoltatore nella sua storia, nel jazz be bop bianco, consacrato inizialmente da gruppi musicali nei quali incontra Charlie Parker, Stan Getz,  Gerry Mulligan e successivamente dal suo quartetto più celebre, il Dave Brubeck Quartet che subirà negli anni alcuni cambiamenti, ma attraverso il quale incontrerà il sassofonista contralto Paul Desmond ed entrerà a far parte della storia del jazz. Musicista incredibilmente carismatico, la cui figura è strettamente legata a quella di Brubeck per la ragione di cui parlerò a breve, Desmond ha una voce pura, pulita, mai invadente nei confronti degli altri musicisti. Qualcuno accredita a loro due la creazione del cool jazz avendo dato vita, nel 1959, ad un brano musicale firmato da Desmond diventato senza dubbio un inno del jazz e noto anche ai non amanti del genere: “Take Five”. È necessario a questo punto qualche ragguaglio tecnico per spiegare questo brano considerando che da esso è nato uno stile e un modo tutto nuovo e diverso di fare jazz. Energia pura, ritmo: mai la melodia e l’armonia sono andate così d’accordo. Quando ascolti “Take Five” non puoi non avvertire il bisogno di lasciarti andare, di chiudere gli occhi e di vivere con i musicisti questo viaggio al ritmo dei 5/4 che ti rimbomba nel petto.
Il brano inizia con delle battute “vuote” della batteria. Apparentemente può sembrare una musica mal studiata, senza un inizio. Ma è proprio qui la magia. Ti lascia in attesa, non sai quando il sax comincerà a suonare, a meno che tu non sia un musicista e sai che lo farà dopo quattro battute e pure in quel caso, quando il sax emette il primo suono, tutto intorno a te prende vita e provi una sensazione indescrivibile di libertà e, contemporaneamente, di legame con questo ritmo che non vorresti finisse mai. Il 5/4 è un tempo che risulta molto difficile. Di solito si è abituati a suonare in 4/4, per cui spesso ci si ritrova scaraventati fuori. Un gioco continuo di contrappunti da rispettare. Ed è questo che ti tiene incollato alle casse del lettore cd: quella eterna suspence e tensione, la paura e il dolore che avvertiresti se il sax “non dovesse farcela”. Ma Desmond elabora nella sua mente musicale un motivo ritmico tutto suo nel quale crea la strada melodica da percorrere, l’unica esatta nei 5/4. La scansione ritmica della batteria ti entra nelle ossa; Brubeck ti spiazza “pizzicando” con le sue dita, in questo brano, leggere più che mai, gli accordi al momento giusto, il contrabbasso raccoglie tutta questa magia e sembra che ti dia la mano per camminare insieme. Nulla è lasciato al caso o all’improvvisazione. Insomma, una musica che dà energia, rilassa. Poche musiche riescono in questo intento.
Brubeck, con l’aiuto di Desmond, ha creato un jazz che si può definire “popolare” per la sua apparente matematicità restando facilmente comprensibile, forse proprio per la sua radice classica, ma resta contemporaneamente un jazz originale, vestito di velluto,  fluttuante e seducente.  “Cerco di non essere un virtuosista”, afferma. “Lascio cadere la mia mano sui tasti e la lascio andare”.
Un cd assolutamente indispensabile è “Time Out” nel quale, oltre a “Take Five”,  si può ascoltare una versione di “Blue Rondo à la Turk”, brano che ti confonde e, nello stesso tempo, ti riappacifica col mondo.
Nel 2003 Brubeck ha tenuto un concerto all’Auditorium Parco della Musica a Roma, portando con sé i suoi ottantatrè anni, la sua malinconia in Fa minore e la sua capacità ancora di meravigliare il pubblico che, si ritrova a battere il piede a tempo e a sorridere alla persona accanto come cenno di consenso. Una serata che ha saputo raccogliere gente di ogni età trascinandola in un’altra epoca. In quest’occasione gli viene chiesto: “Non si annoia a suonare ancora Take Five?”. Brubeck risponde: “No. Ogni volta è come se fosse la prima. Improvviso. E’ questo il jazz”. C’è chi vede del venale nel fatto che lui suoni ancora, nonostante l’età. Forse occorre informare queste persone che dalla morte di Desmond i diritti di “Take Five” e di tutte le sue composizioni sono devoluti alla Croce Rossa. Brubeck non sente la necessità di difendersi e risponde semplicemente: “Se ami il jazz devi suonare. È importante. Non vorresti mai smettere”.

viviinjazz

DIRITTI RISERVATI
articolo già pubblicato

http://www.youtube.com/watch?v=kc34Uj8wlmE

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